"Prima dell'anestesia ogni intervento chirurgico era una agonia". Così recita l'epitaffio inciso sul monumento eretto a Boston in onore di William Thomas Green Morton (1819 -1868) considerato uno dei padri della moderna anestesia. L'affermazione non è eccessiva neanche se rapportata al ristretto repertorio chirurgico del tempo, ancora limitato ad una chirurgia di superficie o sugli arti affidata a chirurghi abituati a operare velocemente, unico modo per diminuire la sofferenza dei pazienti.
Il problema era, naturalmente, all'attenzione dei medici fino dall'epoca preromana e ci sono stati tramandati i metodi impiegati fino alla metà del 1800 per mitigare le sofferenze del paziente con il ricorso alla perfrigerazione della cute, la compressione dei nervi, lo stordimento con pozioni vegetali e l'oppio fino alla ipnosi (mesmerismo).
"Prima dell'anestesia ogni intervento chirurgico era una agonia". Così recita l'epitaffio inciso sul monumento eretto a Boston in onore di William Thomas Green Morton (1819 -1868) considerato uno dei padri della moderna anestesia. L'affermazione non è eccessiva neanche se rapportata al ristretto repertorio chirurgico del tempo, ancora limitato ad una chirurgia di superficie o sugli arti affidata a chirurghi abituati a operare velocemente, unico modo per diminuire la sofferenza dei pazienti.
Il problema era, naturalmente, all'attenzione dei medici fino dall'epoca preromana e ci sono stati tramandati i metodi impiegati fino alla metà del 1800 per mitigare le sofferenze del paziente con il ricorso alla perfrigerazione della cute, la compressione dei nervi, lo stordimento con pozioni vegetali e l'oppio fino alla ipnosi (mesmerismo).
La paura del dolore costituiva un serio deterrente ai pazienti a sottoporsi a interventi che avrebbero potuto guarirli e anche la semplice estrazione dentaria induceva il terrore. Fu nel 1844 che il dentista Horace Wells (1815-1848) ha sperimentato, su suggerimento del medico autodidatta Gardner Quincy Colton (1814 -1898) il protossido di azoto come gas anestetico da far respirare al paziente prima della estrazione dentaria. Nel 1846 un altro odontoiatra, Morton, introdusse con successo l'etere dietilico somministrato per inalazione nella pratica odontoiatrica, successivamente esteso, in collaborazione con il chirurgo bostoniano John Colin Warren (1778 -1856), alla chirurgia generale. Il paziente che respirava attraverso una garza imbevuta di etere perdeva conoscenza, non avvertiva dolore e non ricordava niente di quello che era accaduto attorno a lui. Era nata l'anestesia generale. La notizia fece il giro del mondo e la validazione definitiva in Europa fu pronunciata in termini lapidari dall'autorevole chirurgo inglese Joseph Lister (1827-1912) dopo un intervento di amputazione con narcosi eterea: "questo metodo yankee mette fine alla cialtroneria del mesmerismo". Nasceva così la anestesia inalatoria, ottenuta cioè dalla inalazione di gas anestetici; purtroppo la neonata era contesa da diversi padri: Morton, Wells e Colton che si fronteggiarono in tribunale per i diritti sui benefici economici che potevano derivare da una così importante innovazione. La diatriba terminò senza vincitori né vinti con una appendice tragica che vide Wells suicida.
Molti altri anestetici inalatori furono proposti nei decenni successivi e fra questi ricordiamo il cloroformio che induceva una anestesia più profonda e prolungata rispetto all'etere ma con effetti collaterali gravi quali la epatotossicità, il vomito post-operatorio, la depressione respiratoria e cardiaca. Per questo motivo il più maneggevole ed economico etere dietilico ha costituito, almeno in Europa, l'anestetico più impiegato fino a pochi decenni fa. Il metodo di somministrazione era semplice e consisteva nel far respirare il paziente attraverso garze imbevute di sostanza oppure attraverso appositi strumenti inalatori dove l'aria ambiente si miscelava con i vapori di etere. Una volta interrotta l'inalazione dell'etere il paziente si svegliava spontaneamente.
Naturalmente con l'impiego su grandi numeri dell'anestesia generale si evidenziarono i limiti e rischi della procedura stessa che furono superati nei decenni successivi dall'impiego di nuovi farmaci di sintesi di derivazione fluoranica somministrati direttamente nei polmoni per via endotracheale. Già nel 1885 il chirurgo americano Joseph O' Dwyer (1841-1898) eseguiva l'intubazione della trachea alla cieca e successivamente nel 1895 il tedesco Alfred Kirnstein (1863-1922) costruì il precursore del moderno laringoscopio con il quale il tubo, inizialmente metallico, veniva introdotto sotto il controllo della vista. Negli anni fra le due guerre si diffusero gli attuali tubi endotracheali in gomma e il sistema di cuffiatura per rendere ermetica la chiusura e impedire la fuoriuscita del gas anestetico intorno al tubo. Questa innovazione tecnica permetteva di effettuare una vera e propria respirazione artificiale mantenendo espansi i polmoni aprendo così la strada alla chirurgia toracica trans pleurica. L'introduzione, a partire dagli anni '40, dei farmaci miorilassanti derivati dal curaro consentì, controllando la respirazione per tutto il tempo necessario, l'esecuzione di ogni tipo di intervento chirurgico sia nel torace che nell'addome.
La funzione di supporto respiratorio è stata facilitata dalla costruzione dei ventilatori, apparecchiature che insufflano meccanicamente la miscela anestetica nell'apparato respiratorio: i primi prototipi risalgono all'inizio del 1900 ma gli apparecchi più moderni e affidabili, da cui derivano quelli attuali che si sono dotati di tutti i dispositivi indispensabili al monitoraggio del paziente, risalgono agli anni del secondo dopoguerra.
L'anestesia inalatoria che abbiamo descritta non è l'unica tecnica: largo impiego trova l'anestesia endovenosa, iniziata negli anni cinquanta con i barbiturici e successivamente con molecole assai più maneggevoli, che tuttavia non esentano dal controllo del respiro e delle vie aeree. In alternativa alla anestesia generale trova indicazione in molti interventi l'anestesia spinale e peridurale che fu iniziata in Germania all'inizio del 1900 iniettando derivati della cocaina nello spazio sub aracnoideo del rachide o nello spazio peridurale, consentendo ottenendo una analgesia completa del bacino e degli arti inferiori. Negli stessi anni si diffuse, grazie alla comparsa di anestetici locali dal nome familiare ancora oggi, lidocaina, carbocaina e bupivacaina, la pratica del blocco nervoso di un plesso o della singola fibra ottenendo zone di analgesia limitate al solo distretto anatomico di competenza di quel nervo sensitivo. Chiunque ricorra oggi alle cure dell'odontoiatra è sottoposto al blocco analgesico per anestesia tronculare.
Se il dolore durante un intervento chirurgico poteva, in epoca preanestetica, essere di per sé causa di morte per i riflessi che uno stimolo particolarmente intenso causavano sulla funzione cardiaca, anche gli effetti dell'anestesia potevano essere letali se non controllati. Gli incidenti infatti non mancavano se già il chirurgo Lister si preoccupava degli effetti depressivi del cloroformio sulla funzione cardiaca e pochi anni dopo alcuni grandi nomi della chirurgia americana come George Washington Crile (1864-1943) e Harvey Williams Cushing (1869-1939) introdussero il controllo continuo della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca. Nasceva così il concetto di monitoraggio esteso oggi a molti altri parametri funzionali da proseguire anche dopo il risveglio dall'anestesia e facilitato dalla attuale disponibilità di apparecchiature precise e poco ingombranti. Per tutti questi motivi l'anestesia oggi deve essere praticata da un medico in possesso di specializzazione che abbia competenza di fisiologia e farmacologia, di medicina generale, cardiologia e di chirurgia oltre che di abilità nel controllo delle vie aeree.
A Firenze furono attive figure di grande cultura e capacità organizzativa: i professori Luciano Salvini al San Giovanni di Dio diresse il servizio di anestesia in un ospedale dove si praticava solo chirurgia, Pier Luigi Alfonsi a Santa Maria Nuova fu indispensabile nell'organizzazione della divisione di chirurgia toracica, Gianpaolo Novelli e dopo di lui Sergio Boncinelli diressero per molti anni la scuola di specializzazione della facoltà fiorentina formando generazioni di anestesisti. Per ultimo ma non ultimo è doveroso ricordare il prof. Aldo Bolletti che diresse per decenni il servizio di anestesia per tutte le specialità ospedaliere dell'Ospedale di Careggi e affidò a Fabrizio Tozzi la prima unità di terapia intensiva di Firenze.
Ad Aldo Bolletti va inoltre riconosciuto il merito di essere riuscito a organizzare a Firenze, nel 1980, seppure in ritardo su altri centri, il primo prelievo multi organo da cadavere a scopo di trapianto.
Ago di Gordh
Data: seconda metà sec. XX
Materiali: ago: acciaio; scatola: cartone
Dimensioni: ago: 9X3 cm; scatola: 12X5 cm
Ago metallico dotato di anello con innesto per terapia iniettiva contenuto in una scatola di cartoncino sagomata.
Pallone di ambu
Data: seconda metà sec. XX
Materiali: gomma, acciaio, plastica, cartone
Dimensioni: 16X18X39,5 cm
Pallone in gomma gonfiabile con maschera facciale all'estremità in valigetta sagomata dotata di pannello esplicativo. Questo strumento viene utilizzato per il supporto dell'attività respiratoria nelle manovre di rianimazione.
Apparecchio portatile per anestesia
Costruttore: Prati, Milano
Data: metà sec. XX
Materiali: ferro, gomma, vetro
Dimensioni: 60X38 cm
Apparecchio portatile a 2 gas (ossigeno e protossido di azoto ) usato per interventi di anestesia o analgesia.
Raccordi curvi per tubi endotracheali
Data: metà sec. XX
Materiali: acciaio
Dimensioni: vassoio: 13X6 cm con 11 pezzi
Elementi di raccordo fra tubo endotracheale e circuito respiratorio.
Maschera Esmarch
Autore: Johann Friedrich August Esmarch (1823-1908), Germania
Data: seconda metà sec. XX
Materiali: metallo
Dimensioni: 18X 8 cm
Maschera per anestesia inalatoria con etere o cloroformio. Il liquido veniva sgocciolato su una garza inserita nella maschera.
Laringoscopio
Data: seconda metà sec. XX
Materiali: acciaio
Dimensioni: impugnatura: 16 cm; lama: 12 cm
Strumento che serve a visualizzare la glottide e permettere l'introduzione del tubo endotracheale. E' composto essenzialmente di due parti: il manico (impugnatura) e la lama (spatola che si introduce nelle bocca), articolabili tra loro.